Brasile...
12/06/2015
Il Brasile è un continente immenso che si misura in “aerei”, ma il piacere di conoscere questa terra dalle mille sfumature supera ogni ostacolo. Le auto corrono verso il centro di Rio de Janeiro attratte da un’ignota forza centripeta mentre dai finestrini scorrono caroselli della vita circostante, di una periferia metropolitana diversa da tutte le altre. Si susseguono a centinaia le piccole casette frammentate che costituiscono gran parte dell’agglomerato urbano. Stanno lì incastrate l’una sull’altra con le finestre spalancate a guardare il mondo circostante aspettando di essere viste, imperfette con i loro mattoni e le lamiere a vista ma colorate con la biancheria stesa ad asciugare. Piccole bandiere senza vessilli o moniti. Ordine e progresso! Tutt’intorno serpeggiano rivoli sulle cui sponde rotolano i primi palloni di calcio.
La città è meravigliosamente incastonata ai piedi dei conici morros granitici, come il Corcovado e il Pan di Zucchero, in una baia che, al suo scopritore, sembrò la foce di un fiume e da lì l’errore del nome, ma le si perdona tutto a questa metropoli che offre allo sguardo la possibilità di spaziare tra natura e urbanità con una facilità sorprendente. Unica città al mondo con dentro una foresta pluviale, è orlata da alcune delle spiagge più conosciute al mondo: Copacabana, Ipanema, Leblon. Ma è l’umanità che calpesta quella sabbia che rende lo scenario quasi indescrivibile. Chiamarli ambulanti sarebbe riduttivo, venditori eccessivo, ti travolgono come le onde dell’oceano con le loro masserizie stravaganti, magliette taroccate dei più famosi giocatori di calcio brasiliani, amache, spugne, oggettistica in legno di cocco, bracciali, collane, bandane, costumi e parei multicolori, ti corteggiano con i loro spuntini insoliti e saporiti, biscotti, spiedini di “camarones”, formaggio fuso, noccioline, panini multigusto, fette d’anguria, gelati, acqua, birra, guaranà e l’immancabile cocco, tutto rigorosamente freschissimo. È come se si volessero prodigare in mille modi per farti sentire a tuo agio, come fossi un loro ospite e, in realtà, lo sei. Il loro vociare riempie l’aria carica di salsedine, di odori e di musica che mai ha smesso di accompagnare i miei giorni trasformandosi dalle morbide sonorità della bossa nova, alla travolgente sensualità ritmica della samba, dai tamburi tribali suonati per le strade di Bahia, alle melense canzoni infarcite di saudade, tristeza, corasson, fino al forrò nordestino che sembra country americano.
Due ore di volo e mi immergo, letteralmente grazie a un soft-rafting, nella natura roboante delle cascate di Iguaçu più alte di quelle del Niagara e più estese di quelle Vittoria. Attenzione tutto qui in Brasile è definito in modo superlativo. Intendiamoci, un fondo di verità esiste. Infatti, la ragione non riesce a spiegarsi questo maestoso scenario con cascate la cui acqua arriva senza sosta da chi sa dove, precipita e sparisce. Ed è tutto uno spruzzo, un gioco di arcobaleni che appaiono e scompaiono repentini, un volare di farfalle multicolori che invano cerco di catturare con l'obiettivo, con un’unica colonna sonora, lo scorrere imperturbabile dell’acqua.
Lo sguardo incrocia quello di un delizioso bambino in braccio alla mamma che vende piccoli oggetti in legno, soprattutto tucani variopinti. Appartengono agli Indios Guarany i veri padroni di queste meravigliose terre, ora ridotti a ospiti estremamente dignitosi.
A Salvador, nota a tutti come Bahia, alloggiamo nel coloratissimo quartiere del Pelourinho, con case e chiese in stile coloniale rese note al mondo grazie a Jeorge Amado. Il via vai di gente sembra un fenomeno migratorio localizzato. La sera la città si anima di luci, colori, musica e si veste delle sfumature dorate del cielo, dell’essenza croccante dei deliziosi acarajè fritti nell’olio di palma. A tratti sembra che tutti siano degli attori, alcuni maldestre comparse, in scena solo per noi turisti e così facciamo finta di credere che durante il candomblè qualcuno sia davvero posseduto da un orixà (divinità) e tutti sembriamo posseduti mentre ci immergiamo nella rutilante folla sonora guidata da un gruppo di giovani che suonano i tamburi per le strade. Lo spettacolo della capoeira incanta. Guardando i loro corpi sinuosi sembra non si possa far fatica ad avere degli addominali così scolpiti. Ma il Brasile è una terra piena di contrasti e non si può essere semplici turisti che vedono solo l’allegria di questa gente che vive e ama al ritmo della musica che ha dentro, qui bambini randagi come cani, vestiti della loro dignità, rovistano tra i rifiuti, ti sussurrano le loro richieste affamate ma con i giorni il turista viene preso dallo sconforto dell’impotenza o dall’esasperazione per l’assalto continuo.
Nel nordeste l’unica strada percorribile è piena di buche e ad alta frequentazione di camion perciò i tempi di percorrenza si allungano a dismisura; ma qui il tempo deve necessariamente dilatarsi ed ogni tappa ci regala dei piccoli gioielli. L'isola di Itamaricà si raggiunge costeggiando interminabili coltivazioni di canna da zucchero dalla quale distillano la cachaça ingrediente principale della caipirinha, la bevanda nazionale. Visitiamo il seicentesco Forte Orange dal quale osserviamo le imbarcazioni con la tipica vela triangolare che solcano le docili onde del mare.
Nella lunga spiaggia di Tabatinga con le palme impregnate di vento e di sale, con le sue falesie rossastre e le sorgenti di acqua dolce, scopriamo una deliziosa pousada gestita da un misterioso ometto incredibilmente gentile e disponibile. Ma è la consuetudine. Attraverso le feritoie delle persiane il suono del vento s’infila nella stanza e ci avvolge cullandoci, il giorno dopo accompagnerà i miei passi sulla spiaggia deserta.
Praia Pipa è una delle località turistiche più frequentate ma colpisce per i suoi localini di artigianato semplici e raffinati. Praia Madeira è un’incantevole spiaggia a ridosso di una scogliera lussureggiante dove le palme subiscono l’attentato del mare e spesso devono lasciargli il passo. Qui assaggio una piňa colada indimenticabile. Natal si ricorda per l’immensa duna sulla spiaggia. La vivacissima cittadina di Olinda, patrimonio dell’umanità, è ricca di coloratissime casette decadenti in stile coloniale. Anche se l’apparenza inganna e case esteriormente decadenti possono rivelare giardini curatissimi, piscine, fontane, finanche stravaganti atelier che esibiscono quadri e altre opere decisamente originali.
Ci sono decine di motivi per i quali visitare questo incredibile “continente” ma se chiudo gli occhi il primo pensiero che catturo è quello dei bambini che sulla spiaggia di Itaparica mi regalano una conchiglia e il loro sguardo denso di sogni.
”E tu leverai i tuoi occhi e li metterai al posto dei miei e io leverò i miei occhi e li metterò al posto dei tuoi…”(F.Pessoa).
Obrigada Brasil
Testo e fotografie di Daniela Deidda
PP di Alessandra Mura